L’epigrafe qui presentata - recante l’incisione “Gruppo Chirurgico Marro Aliquota Avanzata” - fu rinvenuta dal prof. Luigi Capovilla, ex sindaco di Crespano del Grappa e storico locale, nella cantina del nipote di Gugliemo Melchiori, noto recuperante fra le due guerre.
Grazie alla successiva ricerca archivistica sulla figura del piemontese Andrea Marro, Maggiore medico della Croce Rossa Italiana, è stata reperita una sua lunga relazione, dal titolo “Unità chirurgiche leggere dislocate in prima linea - Campagne 1916-17-18”, ora pubblicata nel volume, “La chirurgia in trincea”, per i tipi di Ravizza Editore, citato in bibliografia.
Lo scritto ha consentito di individuare il luogo dove era originariamente collocata l’epigrafe, presso il posto chirurgico a ridosso della prima linea italiana dei Solaroli, a quota 1350 circa, dove sono tuttora reperibili resti di baracche, un serbatoio d’acqua e un ricovero incavernato.
Si tratta precisamente della "quarta dislocazione” dell’unità chirurgica avanzata del Magg. Marro, dopo quelle di Zagora (18 maggio - 24 giugno 1917), di Quota 1186 del Mrzli (18 agosto - 3 settembre 1917) e dell'Albergo Archeson (gennaio - marzo 1918).
Come ricorda l'Autore, il 16 marzo 1918 il nucleo principale del gruppo lasciò l’Archeson per stabilirsi al Posto Base di Forcella Melin, con Aliquota avanzata in Valle delle Mure, “in uno spiazzo defilato, fatto espressamente creare nello spessore di costone del Casonet”; qui - tra marzo e novembre 1918 - l’unità chirurgica arrivò ad avere tre baracche con camera di operazione, di preparazione e infermeria con totale di nove posti, contigui alla camera di medicazione del II Reparto Someggiato della 81ª Sezione di Sanità, “donde ... venivano trasmessi quelli riconosciuti operandi”. Fu anche predisposta una galleria di circa 9 metri - tutt'ora riconoscibile - per il ricovero degli operati e del personale, in caso di attacco con i gas.
Andrea Marro e i Gruppi Chirurgici Avanzati durante la Prima Guerra Mondiale
Andrea Marro, primario chirurgo dell'Ospedale Maggiore San Giovanni di Torino e Maggiore medico della Croce Rossa Italiana (CRI), fu una figura di spicco nel settore sanitario durante la Prima Guerra Mondiale.
Già consulente medico presso la Delegazione della CRI della 2ª Armata, operante nella zona del medio Isonzo, Marro si trovò a fronteggiare l’emergenza sanitaria legata alla cura dei feriti gravi nelle prime linee del fronte. Durante l’offensiva italiana nell’agosto 1916 (VI Battaglia dell’Isonzo), egli osservò una preoccupante carenza di interventi tempestivi sui feriti con lesioni addominali, toraciche o craniche. Da queste constatazioni nacque l’idea di istituire Posti Chirurgici Avanzati in prossimità del fronte, dove i feriti gravi potessero ricevere cure immediate.
La nascita del progetto dei Posti Chirurgici Avanzati
Nel 1917, Marro realizzò il suo progetto grazie al sostegno finanziario di ufficiali della CRI e di alcune nobildonne, nonché alla fornitura di materiali provenienti dai magazzini della CRI e dell'esercito. A differenza degli ospedali chirurgici mobili e delle ambulanze chirurgiche, il posto (o gruppo) chirurgico avanzato non aveva un'infrastruttura precostituita da montare nel luogo prescelto per il funzionamento e doveva essere insediato in edifici o baracche preesistenti, o sfruttare cavità naturali o caverne di sufficiente ampiezza e idonea conformazione.
Diretto dal Marro, il gruppo era formato da volontari (un capitano e due tenenti medici, un capitano commissario, un maresciallo preposto ai rifornimenti, due caporali, 10 infermieri e un inserviente), debitamente informati della posizione avanzata in cui il posto sarebbe stato collocato e dei conseguenti rischi.
Il primo posto chirurgico avanzato venne impiantato a Zagora, dove, dal 18 maggio al 24 giugno 1917, la squadra medica guidata da Marro riuscì a intervenire direttamente sui feriti gravi, riducendo le complicazioni e aumentando le possibilità di sopravvivenza. Il modello operativo prevedeva l’intervento chirurgico sul posto, seguito da un rapido trasferimento dei pazienti agli ospedali di retrovia per le cure post-operatorie, evitando il lungo trasporto dei feriti senza trattamento, pratica comune fino a quel momento.
L'obiettivo di Marro era chiaro: salvare la vita dei feriti attraverso operazioni immediate, soprattutto per i traumi alle cavità anatomiche. Le percentuali di sopravvivenza erano migliori per i feriti con lesioni al cranio o agli arti, ma rimanevano basse per chi aveva riportato ferite addominali o toraciche, rispettivamente con tassi di sopravvivenza del 44% e 70%.
La linea del fronte si spostava rapidamente e nel luglio 1917 l'unità di Zagora fu smantellata.
L’evoluzione e i nuovi spostamenti del Gruppo "Marro"
Dopo l’esperienza di Zagora, Marro continuò a innovare. Il suo reparto chirurgico si trasferì a Selisce, in un tunnel scavato nella roccia ai piedi del Monte Mrzli, garantendo così protezione dal fuoco nemico e spazio sufficiente per una sala operatoria. Nello stesso periodo, fu attivata anche una seconda unità avanzata, il "Città di Como", che operò dal 18 agosto al 3 settembre 1917.
Queste due postazioni fornirono supporto chirurgico in un momento cruciale del conflitto, fino a quando lo sfondamento di Caporetto non le costrinse alla ritirata, con la conseguente perdita di gran parte del materiale medico.
Nonostante le difficoltà, Marro non si arrese. Grazie al sostegno di industriali e cittadini, riuscì a riattivare il suo progetto nel 1918, quando il "Gruppo Marro" si trasferì sul Monte Grappa, un settore cruciale per la difesa italiana. Lì, il gruppo - potenziato con l'aumento dei medici in organico a 4 unità e di 22 unità di truppa - istituì nuovi posti avanzati presso l'Albergo Archerson, Val delle Mure e Forcella Boccaor. In queste sedi, Marro e la sua squadra condussero un’intensa attività chirurgica, intervenendo su 139 feriti in condizioni estremamente difficili. Le operazioni erano accuratamente documentate, con rapporti dettagliati che descrivevano il tipo di ferite, gli interventi eseguiti e i tempi di recupero.
Le ultime fasi del conflitto e l’eredità di Marro
Verso la fine della guerra, il 2 novembre 1918, Marro e il suo gruppo furono trasferiti a Feltre, dove continuarono le operazioni chirurgiche fino all'armistizio. Successivamente, si spostarono all'Ospedale 008 di Vicenza, dove rimasero fino all’aprile del 1919.
Anche in questo contesto, Marro dimostrò la sua straordinaria passione per la chirurgia, dedicandosi a interventi su soldati con patologie come l’ernia inguinale, di cui era specialista.
Nonostante le difficoltà logistiche e i continui spostamenti, il lavoro di Marro ebbe un impatto significativo. Le sue innovazioni, come la creazione di posti chirurgici avanzati vicino al fronte e l’introduzione di operazioni tempestive sul campo, contribuirono a salvare numerose vite. Il "Gruppo Marro" si distinse anche per la sua straordinaria capacità organizzativa: l'Albo d’Oro riporta infatti un solo decesso durante l’intero periodo di attività del gruppo, una testimonianza della sua efficienza.
Un’eredità di valore
L’opera di Marro e del suo gruppo segnò un importante passo avanti nell’organizzazione sanitaria durante i conflitti, anticipando i moderni concetti di pronto soccorso e triage. Grazie alla sua visione, molti soldati feriti ricevettero cure che altrimenti non sarebbero state possibili in tempo utile. Il suo lavoro rimane un esempio straordinario di dedizione e innovazione nel campo medico militare, dimostrando come, anche in tempi di guerra, la scienza medica possa fare la differenza tra la vita e la morte.